L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

ELISABETTA POZZI: "Cultural pusher contro il virus"

“Non fermarsi” in questo periodo così difficile per tutti non significa continuare a muoversi, spostarsi fisicamente magari trasgredendo le regole ferree che dobbiamo (sottolineo, dobbiamo!) rispettare per salvaguardare la nostra salute e quella degli altri. “Non fermarsi” vuol dire sapersi ascoltare e, in alcuni casi, reinventare, rinnovare, sperimentare, usando tutte quelle modalità comunicative e quei linguaggi che la particolare condizione in cui versa il nostro paese oggi ancora ci consente di adoperare.

Anche gli artisti di teatro, tradizionalmente abituati a costruire una relazione diretta con il pubblico, non possono esimersi da tutto questo e c’è chi fra loro ha abbracciato con spirito battagliero la possibilità di continuare a fare cultura anche lontano dai palcoscenici, attrezzandosi con quei soli mezzi che il nostro presente “contagioso” può permettere, ossia la via telematica. Chi sta riuscendo con un crescente successo di followers in una di queste piccole ma importanti imprese di divulgazione culturale, “spacciando” attraverso una serie di dirette facebook serali le letture di giganti del teatro e della poesia, è una delle attrici più applaudite e stimate della scena nazionale, oltre che tra le più amate dal pubblico parmigiano, Elisabetta Pozzi. Ogni sera, alle 21, in diretta facebook sul suo profilo ufficiale, la Pozzi realizza un “bel contagio” culturale, trasmettendo dalla propria casa nella campagna pavese, che come lei ricorda “ha protetto i miei nonni durante la guerra e in periodi molto difficili. Qui mi sento sicura”.

Elisabetta, qual è l’identikit ideale di un “cultural pusher”, come lei ama definirsi in questo periodo? “Devo fare una piccola premessa: mi ha ispirata un’immagine che ci siamo inventati una decina di anni fa io e mio marito, il musicista Daniele D’Angelo; una specie di etichetta che mi ritraeva con la scritta “còlta in flagrante” e il titolo “cultural pusher”. Che cosa richiama? L’idea di raccontare la cultura fuori dai canali consueti, e dunque in qualche modo di “spacciarla”. Esistono tante strade per fare cultura. Questa che vogliamo percorrere noi, attraverso la diretta facebook che ogni sera alle 21 realizzo sul mio profilo facebook, risponde alla volontà di avvicinare al mondo culturale, creandolo, stimolando la capacità di ognuno di riempire in libertà il proprio spirito, la mente e il cuore, aprendosi a tutti gli impulsi positivi di vita, poesia e bellezza che si possono recepire anche in un momento serio come questo. Sono piccole pillole di cultura, letture di brani, nel tentativo di smuovere qualcosa dentro di noi. Quello che abitualmente intendiamo come “cultura” è il frutto di una logica e una istruzione imposta da altri; il mio, invece, vuole essere un invito a scegliere, insufflando il desiderio di approfondire gli argomenti, i titoli, gli autori. Cerco di gettare così qualche seme, nella speranza che possano attecchire, che sappiano suscitare curiosità. È un discorso che muove anche da un’altra esigenza: ora più che mai è importante per noi non deprimere il sistema immunitario mentale, non soltanto quello del corpo. Con queste letture voglio regalare degli strumenti di difesa contro virus e batteri di altro tipo, che sono altrettanto pericolosi, soprattutto quando vengono a mancare le certezze, i punti di riferimento soliti”

Siamo, dunque, costretti a spacciarla la cultura in questo periodo così critico? “L’emergenza cultura è molto alta, quasi come quella sanitaria. Pensiamo alla follia moderna dell’essere umano che si fa tutt’uno con l’oggetto che arriva a possedere. Mi riferisco ad esempio a quelle pubblicità dove l’uomo si identifica con il prodotto. Sono immagini endemiche che vano a lavorare sul nostro subconscio ed entrano a far parte della “cultura” di una società. In modo subliminale, ma neanche troppo, queste immagini e questi raffronti hanno abbassato le nostre difese immunitarie a livello emotivo e intellettuale. Ora, l’arrivo di questo virus tremendo sta inconsapevolmente cambiando la nostra prospettiva su molte cose. Era prevedibile che questo accadesse, ora che siamo senza più miti fondativi, senza più riti, come dice Cassandra uno dei personaggi da me interpretati e più amati in assoluto. Il problema della cultura resterà anche dopo l’emergenza sanitaria, perché è qualcosa che ha a che fare con le nostre facoltà, con le nostre abitudini. Dobbiamo tutelarci dall’enfasi del nulla che sempre più spesso si compie e che svuota la comunità del suo significato, rendendo l’uomo più solo e fragile. Lo vediamo in questi giorni quello a cui può portare l’ impoverimento spirituale e intellettuale”

E quindi, non si è arresa e pur lontana dal palcoscenico ha pensato di realizzare questa bella iniziativa web… “Come ho scritto nel primo post, per lanciare l’idea, “non riesco a stare ferma”. La tecnologia mi dà l’opportunità di comunicare e dunque la sfrutto, diffondendo per quanto mi è possibile la ricchezza della cultura. Anche senza palcoscenico si può far riecheggiare la parola teatrale. Ecco perché ho deciso durante le dirette d’iniziare con la lettura di stralci di vecchi spettacoli da me interpretati, come “Giacomo il prepotente” e “Cassandra”. Poi sceglierò poesie e altro ancora, forse anche alcuni passaggi dall’”Apologia”, da realizzare, se riuscirò, insieme a una collega…l’intenzione è di proseguire per tutta la durata della chiusura dei teatri…dunque fino al 3 aprile 2020. La diretta è forse uno dei pochi strumenti social che consente di rimettere in moto il fascino e l’eco della compresenza teatrale: sei lì insieme a chi ti ascolta e ti vede dall’altra parte dello schermo. Non è teatro, certo. Ma ora diversamente non si può fare. E le mie non sono rappresentazioni, ma letture, accompagnate da commenti sul testo”

Al di là che tutti dobbiamo attenerci alle norme sanitarie in vigore, come vive e come sente questo momento così drammatico per tutto il paese? “Sopporto, ma reagendo. Non mi faccio scalfire moralmente. Ho lottato molto per raggiungere un equilibrio mio interiore che ha coinciso anche nell’incontro con mio marito. Non voglio arrendermi ora alla paura. Anche se la situazione è davvero seria e complicata. Forse mi aiuta anche il ricordo di un grave incidente che ho subito qualche tempo fa e che mi aveva costretta a un lungo periodo di inattività. È fondamentale imparare dai momenti difficili, farne tesoro per capire che ogni momento negativo può rivelare un aspetto positivo. C’è un’armonia generale che va oltre le nostre considerazioni individuali e personali e dobbiamo essere capaci di fortificare le nostre difese immunitarie fisiche senza dimenticare quelle dello spirito e del cuore”

Tempo di dirette, ma anche di riflessione e lettura. Che lettura consiglierebbe in questo periodo e perché? “Sicuramente “Cecità” di José Saramago che, tra l’altro, fu messo in scena proprio a Teatro Due circa una ventina di anni fa. Un libro, così come anche lo spettacolo, che ho molto amato. E poi “Il soccombente” di Bernhard che racconta la vita di Glenn Gould. Più in generale, consiglio un libro che sia come un labirinto, in cui potersi perdere per ritrovarsi. Mi fa ripensare alla regia che ho fatto del “Viaggio al centro della terra” con Graziano Piazza: anche qui scendere al centro della terra simboleggia un percorso di ricerca del proprio Essere, da cui emergere più vincenti e forti di prima. Trovare la consapevolezza di noi stessi per non vedere più nemici negli altri e non avere più paura, né panico. È un lavoro faticoso a cui la cultura può dare grande aiuto e sostegno, anche quella diffusa da “un spacciatore culturale” come me”

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