C’è una nuova comunità di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo che hanno sentito la necessità di unirsi, in un momento di estrema criticità, "per creare un terreno di confronto su temi legati al proprio mestiere" e richiedere maggiori tutele sul piano giuridico ed economico. Stiamo parlando di Attrici Attori Uniti, il gruppo costituitosi ufficialmente a inizio marzo, in piena emergenza, e che ad oggi, dopo le 1.100 sottoscrizioni iniziali di professionisti del settore artistico, ha già raccolto l'appoggio di più di 10.000 firme sulla piattaforma Change.org
Carlotta Viscovo e Marco Cacciola, attori da anni impegnati sul fronte sindacale e civile a difesa dei diritti, sono stati tra i primi a sottoscrivere la lettera indirizzata il 20 aprile scorso alle maggiori autorità istituzionali ed enti di produzione, in cui si richiamava l’attenzione su un intervento urgente del Governo a sostegno dell’intero Settore Spettacolo. Ed è proprio con loro, tra i referenti del gruppo, che abbiamo cercato di approfondire e meglio comprendere le argomentazioni della protesta, tuttora dibattute in tavoli di consultazione e sedi competenti.
È indubbio che questa pandemia abbia evidenziato le numerose fragilità di un sistema già molto debole sul piano legislativo. Per quanto concerne la vostra categoria professionale si sta, però, attuando una mobilitazione a difesa dei diritti dei lavoratori come raramente è accaduto negli anni recenti. “(Viscovo) Sì, forse questo lungo periodo di inattività forzata, e il mancato riconoscimento da parte dello Stato nell’erogazione dei fondi emergenziali, ha reso il momento propizio per una più sentita partecipazione. È vero che io e Marco siamo coinvolti da diversi anni nella lotta per i diritti dei lavoratori dello spettacolo, ma quella di adesso è senz’altro una contestazione più forte, preparata e organizzata. Va anche detto che ciclicamente la nostra categoria si ritrova in piccole o grandi battaglie comuni, che però altrettanto ciclicamente non riescono a sfondare, a conquistare attenzione da parte dei rappresentanti del potere, costringendoci alla fine a rientrare per il senso di responsabilità e la dedizione che abbiamo verso il nostro lavoro. Questo di solito succede nel pieno delle stagioni teatrali, quando siamo lontani o in continuo movimento, assorbiti da impegni improrogabili, come possono essere le lunghe tournée o i laboratori. Speriamo che stavolta la levata di scudi si mantenga salda e decisa”
“(Cacciola) Tra le proteste organizzate più significative e determinanti del passato va ricordata senz’altro quella che ha portato negli anni '60 alla creazione del CGIL SAI Sindacato Attori Italiani, e che vide allora scendere in piazza tanti attori famosi di teatro e cinema. Oggi la nostra è una comunità che ha una sua forza propositiva e una sua coesione interna. Resta, tuttavia, il timore che, finita l’emergenza, e una volta riaperti i teatri, si perda l’attenzione sul problema reale, ovvero la mancanza di regole e tutele che è antecedente alla crisi causata dal virus”
Perché le misure economiche proposte dal governo sono da considerarsi inapplicabili o comunque insufficienti nell’ambito dello spettacolo dal vivo? “(Viscovo) Il decreto Cura Italia ha messo in campo degli ammortizzatori inadeguati al nostro settore: un fondo di integrazione salariale e una cassa integrazione in deroga può risultare utile per i dipendenti fissi con 13 mensilità, mentre su contratti di poche settimane sono inefficaci. Inoltre, per quanto concerne l'indennità di 600 € sono in tanti a non rientrare nel parametro delle 30 giornate di contributi versati nella cassa ex-Enpals per il 2019: pensiamo agli attori del settore audiovisivo per cui una posa vale una sola giornata di contribuzione, agli insegnanti e formatori delle Arti Sceniche che versano i contributi in gestione separata, ai colleghi più anziani che percepiscono pensioni sotto i 500 € oppure a chi ha lavorato all'Estero. Davvero troppe variabili in gioco che meritano una riflessione più attenta e ponderata”
La comunità di Attrici e Attori Uniti, è importante sottolinearlo, guarda a più categorie di lavoratori dello spettacolo, non solo agli interpreti della scena. Da dove arriva allora la scelta del nome e in che modo intendete aprirvi al dialogo con altre associazioni e gruppi? “(Cacciola)Tutto è iniziato e maturato nel giro di breve: nei primi giorni di lockdown, a marzo, abbiamo creato una chat di Telegram insieme ad altre 50 persone che come me e Carlotta avevano già competenze in ambito sindacale; dunque il gruppo originariamente si è formato tra persone afferenti, con l’idea di unirsi, di organizzarsi per far fronte a una delle crisi più gravi mai vissute. In un secondo momento abbiamo pensato di aprire la chat ad altri colleghi e a categorie affini alla nostra. Lavoratori e lavoratrici di tutti i comparti del settore Spettacolo. E anche l’intento futuro va proprio in una direzione di collaborazione più ampia: ci muoviamo, infatti, per organizzarci con altri gruppi riconosciuti, così da arrivare a una sorta di vero e proprio coordinamento nazionale che possa avere un maggior peso nella contrattazione collettiva e nel dialogo con il Governo. Quest’azione deve essere comune e condivisa, e anche se può sembrare incredibile a dirsi, ci incontriamo molto di più ora nelle chat fra colleghi, nelle riunioni sul web, di quanto accadesse prima. L’emergenza si è rivelata un’occasione unica, storica, per affrontare contraddizioni e limiti del sistema teatrale e pur rispettando l’autonomia di ogni categoria professionale abbiamo tutti compreso la necessità di creare ponti tra diversi ambiti lavorativi, molti dei quali sono caratterizzati da precariato e atipicità contrattuali”
La lettera che ha avviato la protesta, e che è stata firmata, lo ricordiamo, anche da moltissimi volti noti al grande pubblico, come Alessio Boni, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Sabina Guzzanti, Gabriele Lavia e tanti altri, è stata inviata al Ministro del Lavoro, al Ministro della Cultura, al Presidente di AGIS, al Presidente di Federvivo e al Presidente di ANICA. Dal 20 aprile ad oggi che riscontri avete ottenuto? Potrebbe essere utile una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica nel caldeggiare le vostre legittime richieste? “(Viscovo) Non abbiamo purtroppo ancora ricevuto risposte dirette e concrete da parte del Ministero, ma siamo stati contattati da diverse figure politiche interessate ad approfondire la questione, dunque, sì, si sta muovendo qualcosa, il livello di attenzione si è alzato molto. E questo grazie anche allo spazio che ci è stato concesso sul TG3 e alla campagna social che abbiamo promosso in questi giorni. In tanti abbiamo deciso, infatti, di rispondere all'invito del MiBACT per l’iniziativa #laculturanonsiferma, con una lettura senza voce de “L'infinito” di Leopardi, poesia cara al Ministero che aveva voluto festeggiare il bicentenario della poesia leopardiana facendola leggere a 22 cantanti di fama. La nostra è stata, invece, una lettura senza voce, come senza voce è la categoria delle lavoratrici e lavoratori dello spettacolo in tutte le decisioni che il MiBACT sta prendendo senza coinvolgerci. Se non abbiamo voce per dialogare sul nostro futuro, non ce l'abbiamo neppure per creare un contributo artistico, per regalare bellezza. Perché la cultura non si fermi davvero bisogna guardare avanti e non lasciare indietro nessuno, garantendo tutele a ogni lavoratore e lavoratrice, e impedendo ogni possibile sfruttamento. Avere a cuore la cultura significa pensare anche al presente e al futuro di chi quella cultura la fa, la realizza”
Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, in un recente contributo video ha abbracciato l’importanza della vostra causa, rimarcando l’urgenza di battersi, proprio in forza di questa protesta organizzata, per la creazione di un nuovo Statuto dei lavoratori, che sia davvero inclusivo e universale. Quanto conta dunque oggi per voi la componente rappresentativa offerta dalla parte sindacale? È già in atto una concertazione? “(Cacciola) Crediamo che l’elaborazione di un nuovo Statuto sia fondamentale, e le parole di Landini sono preziose per tutti noi, perché aprono anche una riflessione su un tema molto discusso: quello riguardante le categorie di lavoratori che non producono qualcosa di materiale, e quindi non solo gli artisti. Lo Statuto va aggiornato perché il mondo del lavoro negli ultimi cinquant'anni è profondamente cambiato. Oggi mancano gli inquadramenti professionali, così come una normativa idonea”
“(Viscovo) Sono d’accordo con quanto dice Marco. Aggiungo solo che il nostro gruppo non nasce per sostituirsi in qualche modo al sindacato. Da cinque anni sono coordinatrice nazionale della Sezione Attori CGIL e credo fortemente nello strumento rappresentativo sindacale. Per la nostra comunità è un intermediario imprescindibile nel richiamare i governanti alla responsabilità, e questo attraverso le giuste competenze giuridiche”
A proposito della creazione di un nuovo Piano Nazionale per la Cultura e all’urgenza di rifinanziare il FUS per aiutare non solo le imprese ma i singoli lavoratori, come avete accolto la proposta del Ministro Franceschini sull’eventualità di aprire un canale televisivo deputato ad accogliere anche spettacoli teatrali in streaming? E come considerate le varie iniziative in streaming che già hanno invaso la rete, perlopiù proposte e create a titolo gratuito? “(Cacciola) A nostro avviso, l’errore più evidente è questo: le proposte, sia quelle ministeriali, sia quelle delle singole istituzioni teatrali, non devono avere come principale obiettivo la ripartenza di un sistema industriale ed economico. Il primo problema da risolvere è colmare il vuoto normativo. Il governo deve certamente elargire aiuti economici per sostenere il Paese ma non può dimenticare, né sottovalutare l’assenza di leggi adeguate a tutela di ogni singolo lavoratore. Lo spettro che incombe ora è quello che si possa arrivare al lavoro non retribuito. Ovviamente, la proposta di Franceschini non ci trova d’accordo anche perché, seppur viviamo nell’epoca della riproducibilità, sappiamo tutti che il Teatro non può essere in alcun modo riproducibile, vive solo nel “qui e ora”. Nel proporre una piattaforma per la cultura si manca dunque di responsabilità soprattutto per due ragioni: sia perché il senso del teatro verrebbe snaturato, tradito, sia perché tutto il sistema culturale italiano non garantisce una regolamentazione a tutela delle persone che lavorano in quel settore. Occorrono regole precise, inquadramenti, protocolli di sicurezza e dignità al lavoro, prima di ogni altra cosa”
Tra i firmatari alla petizione c’è stato chi ha citato Hugo con l’appello “Voglio il pane per il pensiero”. È legittimo. perché stiamo parlando di persone che improvvisamente si sono trovate senza lavoro e senza prospettive certe per il futuro. C’è da dire però che forse troppo spesso e ingenuamente alcuni teatranti hanno messo in luce l’aspetto ludico, di puro intrattenimento e giocoso, connaturato alla creazione artistica, perdendo di vista la fondamentale e più antica funzione sociale e politica del Teatro. Faccio l’avvocato del Diavolo e vi chiedo: non pensate che sia opportuno riscattare di fronte all’opinione pubblica meno avvezza a frequentare le sale teatrali anche quell’idea di artigianalità, di dedizione e sacrificio che sono propri del mestiere teatrale? E dunque, anche riconsiderare la professionalità, la competenza, la formazione dei lavoratori dello spettacolo, in una chiave davvero meritocratica. “(Cacciola) Indubbiamente c’è un’annosa questione semantico-lessicale da superare e su cui meditare. Spesso associamo il verbo “recitare” a “giocare”, ma una cosa è la funzione dell’artista, un’altra è la dignità del professionista. Sulla figura dell’artista è impossibile usare parametri oggettivi perché essa ha a che fare con la libertà espressiva. Occorre, però, distinguere la passione dalla professione e questo indubbiamente ci porta a riflettere sul lessico con cui raccontiamo il nostro mondo teatrale a chi non lo conosce. La nostra consapevolezza di artisti non può, tuttavia, contraddire la nostra battaglia di lavoratori: troppi di noi sono sfruttati o sottopagati e questo è sotto gli occhi di tutti”
“(Viscovo) E’ vero che dagli anni ’80 in poi, anche per colpa dell’idea televisiva berlusconiana, con i talent show che hanno portato addirittura alla spettacolarizzazione del percorso formativo di un artista, è cambiata la percezione che il pubblico ha del teatro; per risposta a ciò, spesso i cartelloni teatrali più importanti hanno preferito investire sull’intrattenimento e sui grandi nomi provenienti proprio dalla tv. Si è un po’ persa nello spettatore questa visione del teatro come “gioco serio”. Ma la responsabilità non è degli artisti o del pubblico. È di chi fa le regole dall’alto. Bisogna certamente recuperare la funzione sociale e comunitaria del teatro, il suo essere specchio e testimone della società. Ma tutto questo passa anche dalla rivalsa giuridica ed economica di tante categorie di lavoratori”
Oltre a misure per affrontare questa fase dell’emergenza, giustamente voi chiedete garanzie anche per il “dopo”, con nuove leggi e maggiori tutele. Come vi augurate o vi immaginate questo Teatro del futuro? “(Viscovo) Come gruppo ci stiamo ponendo obiettivi a breve, medio e lungo termine. Da subito, con la richiesta di indennità per salvaguardare il settore nel lungo periodo di inattività che ci aspetta. Chiediamo poi che la ripartenza possa coinvolgere la maggior parte delle categorie professionali. È stato proposto a tal scopo un programma che preveda di poter interloquire con tutte le parti in causa. Sul lungo termine, proponiamo che i decreti attuativi siano ridiscussi e applicati con il nostro coinvolgimento attivo, perché si possa ottenere un inquadramento giuridico adeguato. Il sistema teatrale non può ripartire identico a prima”
“(Cacciola) Il futuro del teatro dovrà mettere al centro la comunità. Vorrei che il teatro ritornasse alla sua antica sacralità, ad essere spazio in cui davvero la polis si interroga su sé stessa. Non dimentichiamolo: il teatro è fratello della democrazia. Ma in democrazia nessun lavoratore deve sentirsi invisibile”