L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

LUIGI LO CASCIO: "In Letteralmente Verdi sarò al servizio della musica"

La musica di Giuseppe Verdi e le parole scritte dal Maestro stesso trovano un mirabile punto d’incontro nel concerto-reading “Letteralmente Verdi” che debutterà, realizzato dalla Società dei Concerti di Parma su commissione del Teatro Regio, in prima assoluta mercoledì 7 ottobre, alle 20.30, al Festival Verdi Scintille d’Opera. La genesi del Macbeth, opera considerata tra le più moderne del repertorio verdiano (recentemente eseguita in apertura di Festival, a settembre, nell’originale versione in francese), è il fulcro suggestivo e affascinante attorno cui si sviluppa il prezioso epistolario, che qui verrà letto da un interprete d’eccezione, Luigi Lo Cascio, con l’accompagnamento musicale dal vivo del Quartetto d’archi Leonardo (al violino Fausto Cigarini e Sara Pastine, alla viola Salvatore Borelli e al violoncello Lorenzo Cosi). Lo Cascio, attore tra i più amati e premiati della sua generazione per talento, intelligenza e versatilità, sia a teatro (formatosi all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, ha collaborato a lungo con Luca Ronconi) che al cinema (indimenticabile nelle vesti di Peppino Impastato ne “I Cento Passi”, per citare uno solo dei film in cui è stato protagonista), infonderà voce e vita alla raccolta di lettere scritte dal geniale compositore, un patrimonio di parole, scambi d’opinione, proposte, correzioni, raccomandazioni che Verdi indirizzò a librettisti, impresari, cantanti, e che, selezionate dal musicologo Giuseppe Martini, creeranno la trama armoniosa e sincera del recital.  

Leggendo questa raccolta di lettere che cosa ha capito del Verdi musicista e cosa invece del Verdi uomo? Quale aspetto cercherà di restituire maggiormente al pubblico? “Non posso che parlare con grande rispetto della figura di Verdi, sia perché ritengo sia stato un genio assoluto, sia perché sono ospite nella terra che più di tutte lo ha amato e che continua a farlo. Qui a Parma Verdi è ancora oggi un punto di riferimento costante sia per suggestione estetica che per ispirazione. Se ne percepisce ancora forte il palpito, la sensibilità musicale, l’intelligenza artistica. Io mi sento, invece, un po’ profano della materia, è inevitabile per chi non è cresciuto qui. Ecco perché le lettere sono state per me una vera scoperta. Conoscevo già alcune opere di Verdi e ho sempre considerato energizzante ascoltare le sontuose arie verdiane; tuttavia la mia conoscenza del tema era abbastanza circoscritta. Entrare più a fondo in questo mondo e imparare a conoscere i retroscena di un’opera straordinaria come il Macbeth, è stato molto interessante, così come è stato per me sorprendente scoprire che Verdi era davvero un uomo di teatro a 360°, non solo un superlativo compositore musicale. Dalle lettere si intuisce, infatti, come il Maestro sia stato anche un grande regista, quanto l’elemento registico fosse già presente nella scrittura musicale, e fino a che punto l’evento scenico assumesse per lui importanza cruciale. Per Verdi l’opera doveva essere drammaticamente coinvolgente, dove ogni componente doveva necessariamente concorrere alla riuscita finale e in cui anche la recitazione, il gesto, l’espressività degli interpreti andavano vissute come fondamentali; non solo “bel canto” dunque, ma compartecipazione di forme e linguaggi diversi, e persino una visione cinematografica, se vogliamo, in quella ricerca di verità scenica da lui sempre voluta. Dalle lettere emerge tutto questo e il carattere rivoluzionario di Verdi, la forte personalità carismatica, decisiva nel convincere i propri interlocutori. E poi non posso non sottolineare il suo immenso amore per l’opera di Shakespeare che lo rende più vicino al mio sentire e al mio percorso di attore”

Non è la prima volta che la sua voce s’intreccia a teatro con quella della musica classica e operistica. Che cosa l’affascina di questa formula, di questa commistione di linguaggi espressivi? “È successo, sì, ma in realtà non mi capita spesso e per una ragione molto semplice: ritengo che la musica sia imbattibile, troppo potente e suggestiva rispetto alla voce. Se devo portare ad esempio delle poesie in scena, preferisco non interagire con la musica. In questa occasione, che mi è stata offerta dal Festival, mi sono messo al servizio della musica sublime di Verdi. Sarò un lettore, accorto, attento, preciso, partecipe, ma comunque un lettore che vuole guidare il pubblico tra le parole del Maestro e che, così facendo, invita a riascoltarne il capolavoro musicale”

Si è spesso sottolineato il carattere “moderno” del Macbeth verdiano. Questo anelito di modernità trapela anche dalle lettere? “Sì, senz’ombra di dubbio. C’è da dire che questo corpus epistolare è stato selezionato dallo storico della musica Giuseppe Martini, ma è pregno di quello slancio innovativo che si è poi tradotto in scena. Verdi stesso dichiarava nelle lettere le sue intenzioni, quando parlando dell’opera del Bardo diceva “siamo di fronte a un’opera irraggiungibile, una delle più grandi creazioni umane. Se ci è impossibile eguagliarla, cercheremo di fare comunque una cosa fuori dal comune”. E così è stato. Il carattere moderno dell’opera verdiana è intuibile anche dal lavoro di rifinitura, cesellatura compiuto dal Maestro. Pensiamo soltanto al fatto che ci furono due diverse versioni di Macbeth, una eseguita a Firenze e una successiva in francese. Verdi fu quasi spietato nella riscrittura dell’opera, compiendo un lavoro di grande finezza, estremamente accurato ed innovativo. Le correzioni impartite al librettista Francesco Maria Piave fanno parte della raccolta che leggerò ed è entusiasmante vedere come alcuni particolari accorgimenti, quali ad esempio l’importanza conferita alla recitazione dei cantanti o all’elemento fantastico, svelino già la qualità rivoluzionaria dell’opera. Verdi sostiene nelle lettere la sua idea poetica, ovvero quella di “ridare brevità e sublimità” e quindi, così come nella musica, non poteva esserci una parola che non avesse significato profondo e valore determinante. La scelta stessa di attingere a Shakespeare è segno di modernità: al tempo di Verdi non era così ovvio e consueto guardare al Bardo. L’impegno di Verdi in tal senso è stato poi decisivo per far sì che l’attenzione ai capolavori shakespeariani travalicasse la scena melodrammatica e ritornasse a quella di prosa”

Ma tra queste lettere scelte per il reading quale l’ha colpita di più e perché? “Sicuramente quella affettuosa indirizzata al suocero. È un testo breve, ma davvero significativo. Verdi ha perso la moglie quando era ancora giovane, ma è rimasto legatissimo al suocero che è stato di fatto il suo scopritore, il suo mecenate. L’opera stessa del Macbeth è una dedica al suocero e infatti Verdi scrive “Adesso che ho realizzato la mia opera favorita, quella che amo di più, posso dedicarvela”. La composizione più amata fino a quel momento della sua vita, ma dopo il Macbeth, lo sappiamo, Verdi realizzò tanti altri magnifici capolavori….”

Sempre in terra parmigiana nel 2018 aveva presentato il reading “L’affare Vivaldi” in occasione del Festival di Torrechiara Renata Tebaldi. Ora un omaggio a Verdi. Ha trovato dei punti in comune fra questi due colossi della musica? “Entrambi mi hanno fatto riflettere su come la fortuna delle opere sia spesso legata a certe strane combinazioni del caso. Di Vivaldi mi aveva enormemente colpito il fatto che per lungo tempo le sue composizioni fossero scomparse dalla scena musicale, mai più eseguite, e che solo in tempi più recenti, grazie ad un stupefacente lavoro d’indagine, siano state riportate alla luce. Una sorte simile è toccata al Macbeth verdiano, messo da parte perché troppo moderno e ripreso poi solo in un secondo momento, dopo molti anni dal debutto. E poi credo che ci sia un’altra affinità da non sottovalutare fra questi due geni: l’attenzione speciale, scrupolosa, per il fatto teatrale in tutte le sue parti. Sono felice di averla riscoperta anche in due grandissimi compositori e musicisti”

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