Risale al giugno scorso la costituzione di U.N.I.T.A., associazione di categoria fondata da interpreti del teatro e dell’audiovisivo, volta a promuovere la centralità del mestiere dell’attore all’interno del panorama artistico e culturale. Un gruppo organizzato che in pochi mesi è arrivato a contare già 850 iscritti e che sul fronte della battaglia a difesa dei lavoratori dello spettacolo e dei loro diritti sta ottenendo risultati immediati e significativi. A comporre il direttivo volti noti al grande pubblico televisivo e cinematografico come Vittoria Puccini, Cristiana Capotondi, Marco Bonini, Paolo Calabresi e artisti più strettamente legati alla scena dal vivo, quali Fabrizio Gifuni e Stefano Scherini. Ed è proprio a quest’ultimo, attore e regista teatrale, nonché formatore, dunque rappresentante di quella parte che oggi più di altre risente della chiusura delle attività culturali in presenza, che abbiamo rivolto qualche domanda sull’associazione, sugli importanti obiettivi già raggiunti e su quelli ancora in discussione. Con una premessa doverosa da fare e già dichiarata nel manifesto di U.N.I.T.A (www.associazioneunita.it): “La nascita di questa associazione è frutto di un impegno cresciuto negli anni e maturato in questo periodo di emergenza che ha reso gli orizzonti lavorativi del nostro settore, come quelli di altre realtà sociali, ancora più critici e complessi.”
Sig. Scherini, quanto conta, arrivati a questo punto, il confronto, l’apertura, la collaborazione tra le diverse associazioni, sindacali e non, e i gruppi di categoria per il riconoscimento dei diritti e la realizzazione di valide tutele? “La nostra volontà, come è ben espressa nel manifesto, è di dialogare con tutti. Quindi, collaborare con le realtà associative, le rappresentanze Sindacali e le Istituzioni, per trovare punti d’incontro sui temi di interesse del settore, e questo attraverso un diretto coinvolgimento della categoria degli interpreti nei processi decisionali che attengono alla professione. Abbiamo sempre lavorato orientandoci al confronto, e così vogliamo proseguire, mantenendo e rafforzando, ove possibile, i contatti con le altre realtà di categoria. Un interlocutore fondamentale resta per noi sicuramente il Sindacato: conservare un dialogo con loro, che può essere più o meno serrato, soprattutto in merito alle strategie da convergere, è un impegno che abbiamo preso e che desideriamo rispettare. Il nostro obiettivo primario è di sostenere la categoria degli interpreti, ma non vogliamo escludere gli altri dalle nostre rivendicazioni: è il bene dei lavoratori dello spettacolo e la difesa della cultura che ci interessa. Proprio per questa ragione, cerchiamo anche d’intrattenere il più possibile rapporti e condividere esperienze con organizzazioni di categoria estere. Partiamo, insomma, dalla convinzione che la nostra professione costituisca un fondamentale elemento di dialogo e arricchimento culturale dei popoli, ma che è appunto nel confronto con tutte le parti direttamente o indirettamente coinvolte che ci identifichiamo e definiamo”
Molti gli obiettivi che U.N.I.T.A. intende perseguire, utili sia nell’immediato che sul lungo periodo. Uno dei più importanti è stato raggiunto da poco ed è quello relativo all’erogazione di un fondo di ristoro a tutela di artisti, tecnici e maestranze del settore dello spettacolo. Ce ne può parlare? “Si tratta di una vittoria recente, di pochi giorni fa, di cui andiamo molto fieri: due decreti firmati dal Ministro Dario Franceschini che destinano una quota pari a 20 milioni di euro delle risorse del Fondo emergenza spettacolo, cinema e audiovisivo, al sostegno di attori, cantanti, danzatori, musicisti, coristi, artisti circensi e maestranze. Quando abbiamo richiesto un fondo di ristoro per gli interpreti dell’audiovisivo e del teatro, in virtù del fatto che la ripartenza delle attività nella tarda primavera fosse stata parziale, abbiamo trovato l’accordo con il MiBACT, il quale ci ha proposto di estenderlo alla danza, ai musicisti e alle maestranze. Siamo stati davvero felici di questo risultato: quella tra il Ministro Franceschini e l’associazione è stata una proficua interlocuzione dove si è messo a punto un intervento che è andato oltre le nostre aspettative e si è rivelato davvero inclusivo per tutti i lavoratori dello spettacolo. Ovviamente, parliamo di un intervento immediato, per tamponare l’attuale emergenza e cercare di corrispondere almeno una parte di quei compensi che i professionisti del settore, così duramente colpiti dalla pandemia, non hanno potuto ricevere in questi mesi”
L’associazione si sta muovendo infaticabilmente anche per il conseguimento di un altro obiettivo decisivo, ossia l’applicazione del Comma 5 dell’art. 19. Di che si tratta? “Uno dei nostri scopi principali è collaborare attivamente al raggiungimento della stesura e dell’approvazione di un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per l’Audiovisivo e, altra questione spinosa, alla revisione del CCNL del 2018 per gli scritturati della prosa. Per quanto riguarda quest’ultimo comparto, esiste un articolo di legge che difende i lavoratori anche in caso di sospensione di una produzione per cause di forza maggiore. Quello che è accaduto in primavera, vale a dire l’improvvisa emergenza sanitaria e l’altrettanto subitanea chiusura dei teatri, ha dato adito a cattive interpretazioni dell’articolo, cosa che si è ripetuta anche in autunno nella sfortunata, ma stavolta non imprevedibile, seconda battuta d’arresto: alcune strutture hanno licenziato gli attori senza corrispondere il dovuto compenso per le restanti giornate di contratto. Il nostro obiettivo è arrivare ad una salvaguardia di questo passaggio contrattuale affinché i compensi vadano onorati per intero e per tutto il periodo specificato nel contratto. Un evento epocale come una pandemia, di cui non si possono prevedere gli sviluppi, non può ricadere sulle spalle dei più deboli, dei singoli lavoratori. Anche perché sono stati proprio alcuni grandi teatri italiani, quelli a cui il Ministero aveva comunque già garantito il contributo pubblico annuale, a dimostrare meno flessibilità e disponibilità a trattare”
Tra i dibattiti più accesi di questi tempi vi è senz’altro quello riguardante la produzione di progetti artistici in streaming. Parliamo, per chi non lo sapesse, anche di veri e propri allestimenti teatrali pensati per una fruizione in video, spesso concordata con importanti reti televisive. Qual è la posizione di U.N.I.T.A. in merito a queste operazioni? “Lo spettacolo dal vivo si fa, appunto, dal vivo. Non ci sono alternative, se si vuole rispettare l’essenza stessa del Teatro. Ma in quanto artisti che guardano al Presente, comprendiamo anche che viviamo una situazione d’emergenza, come mai è accaduto nella Storia recente. Non possiamo che provare a sperimentare per far sì che il pensiero culturale non scompaia e, date le circostanze, siamo in qualche modo chiamati a misurarci con la digitalizzazione e con queste modalità di fruizione in video. Quello che l’associazione ha sentito come urgente da affrontare è la questione normativa: è indispensabile regolamentare questo tipo di produzioni che pur nascendo in un teatro, su un palcoscenico, vengono registrate e trasmesse in video. Fortunatamente in questo periodo è possibile per le compagnie lavorare all’interno delle sedi teatrali, che restano per ora chiuse soltanto al pubblico, ma c’è un problema ed è legato proprio alla paga degli interpreti: allo stato attuale si viene pagati per la singola rappresentazione che, però, se trasmessa in streaming è suscettibile di infinite repliche. Questo apre a una discussione sugli indotti successivi: in quale misura vanno corrisposti agli interpreti? Se le normali repliche sono soggette a un compenso, per quale motivo non può avvenire lo stesso anche in condizioni speciali come queste delle riprese video? Le numerose piattaforme devono studiare un quadro normativo che consenta di garantire un equo compenso per il lavoro attorale. Pensare a redigere contratti ad hoc che possano aiutare ad attraversare questo periodo, e che ad oggi mancano, è una questione su cui l’associazione si sta fortemente impegnando. Le formule esistenti che erano state elaborate ai tempi in cui la RAI trasmetteva teatro in tv, una volta o due volte al mese, non sono purtroppo più applicabili. Siamo nell’epoca della riproducibilità all’infinito e dobbiamo rivedere queste norme, adattandole ai tempi e alle attuali tecnologie”
Si sta molto discutendo nell’ambiente anche del ruolo assunto dalle celebrità nella lotta a salvaguardia dei diritti dei lavoratori. Se ne discute non per mettere in dubbio la credibilità degli artisti coinvolti, ma per aprire altre problematiche, come ad esempio la nomina di volti noti, perlopiù cinematografici e televisivi, ai vertici di teatri nazionali, e per riflettere anche sul peso decisionale di figure di spicco ai tavoli di lavoro. UNITA è un’associazione il cui direttivo è composto da grandi nomi, molti dei quali legati al mondo dell’audiovisivo. Tenuto conto di ciò, l’associazione si impegnerebbe per una riforma della struttura normativa che regola i vertici dello spettacolo dal vivo? C’è volontà di agire anche in questa direzione? “Quando abbiamo fondato l’associazione eravamo mossi da questo pensiero: volevamo che U.N.I.T.A. diventasse una sorta di casa per attrici e attori molto diversi fra loro, per esperienze e impegno, ma mai abbiamo considerato il grado di notorietà come parametro per l’iscrizione. E siamo molto felici che oggi s'iscrivano ad U.N.I.T.A interpreti con percorsi professionali e carriere differenti: giovanissimi e più esperti, famosi e no, che lavorano principalmente nel teatro o invece nell'audiovisivo. In questa prospettiva vogliamo rimanere una casa aperta e inclusiva, animata solo dalla passione e dal rispetto per il nostro mestiere. Lavoriamo in questo senso; non solo per rappresentare unitariamente gli interessi della nostra categoria ma per contribuire a definire, all’interno della professione, un impianto di regole, doveri e diritti. Se grandi nomi come quello di Pierfrancesco Favino o Vittoria Puccini, per citare la nostra Presidentessa, decidono di aderire ed esporsi, significa che a loro, come a tutti gli altri lavoratori, sta realmente a cuore la centralità e la dignità del mestiere di attore. La nostra mission è proprio questa: rimettere la persona “attore” al centro dei meccanismi produttivi ed economici del settore. Oggi la componente artistica è quasi del tutto assente dai tavoli di discussione e mi riferisco sia alle strutture teatrali, sia alle realtà ministeriali. C’è un vuoto che per noi attori è inaccettabile. Anche le nomine alla guida dei teatri ci sembrano frutto a volte di un’occasionalità più che di scelte ponderate; il volto noto può certamente, in forza del suo nome e magari della sua esperienza, recare lustro e portare attenzione a un programma artistico, ma quello che manca è un metodo di elezione dei vertici e una rivalutazione del sistema nella sua interezza. Questo rientra sicuramente tra le battaglie di U.N.I.T.A. La modalità politica attuale esclude la parte artistica principale, le attrici e gli attori, dai processi decisionali e dalle scelte sugli incarichi di responsabilità, come le direzioni dei teatri; oppure ancora, non abbiamo un nostro diretto rappresentante nel Consiglio Superiore dello Spettacolo. È un problema strutturale molto complesso, su cui vogliamo intervenire”
Come uomo di teatro c’è una questione che sente più urgente di altre e che si augura venga quanto prima promossa dall’associazione? “U.N.I.T.A. ha raggiunto ottimi risultati in brevissimo tempo ma sta costruendo piano piano la propria identità, anche attraverso l’aumento costante di iscrizioni. C’è molto da fare nell’ambiente del Teatro e nella specifica categoria degli interpreti. La mia speranza è che si possa continuare a lavorare sulla centralità dell’attore, cercando di portare dignità e conoscenza del mestiere anche nelle scuole e nelle università. Dunque, divulgare e promuovere la professione attorale tra i giovani, il che significa anche raccontare di un’arte antica e della tradizione culturale di un paese. La gente sa poco del lavoro di attore, della fatica e dell’abnegazione che spesso comporta. Dobbiamo rendere partecipe il pubblico del nostro operato, del nostro impegno e costruire più consapevolezza. Non è facile ma è uno scarto culturale quello che stiamo cercando di realizzare. Uniti.”