La recensione

RACCONTI DA SHAKESPEARE - AMLETO

con Elisabetta Pozzi

(e la partecipazione di Walter Le Moli)

Musiche: Daniele D'Angelo  

Luci: Luca Bronzo

Raccontare è un’azione a tutti gli effetti. Un processo comunicativo complesso che coinvolge tutto il corpo, non solo l’intelletto, e che per riuscire ad avvincere, convogliando così in un originale atto di creazione, non può affidarsi al solo linguaggio. Per trasmettere con successo quella che si potrebbe definire una grammatica delle emozioni, il racconto non può esimersi dalla recitazione, e cioè dalla messa in campo di forze, prossemiche e invenzioni che, in potenza, veicolano concetti, immagini, visioni e il senso complessivo di una storia. Se poi il racconto vuole attingere da una materia pregiatissima come l’opera di William Shakespeare, sembra ancora più improbabile e assurdo disgiungerlo dall’elemento teatrale e recitato. Questa consapevolezza deve avere ispirato anche l’opera dei fratelli Charles e Mary Lamb che, nel diciannovesimo secolo, mossi da una ambiziosa ma altrettanto meritevole velleità pedagogica e divulgativa (“queste pagine sono piene di esempi che insegnano la virtù”), decisero di trasporre in narrativa e, quindi, in un linguaggio accessibile a tutti, proprio il corpus composito dei testi teatrali più noti del Bardo. Il risultato fu un capolavoro riconosciuto della letteratura per ragazzi, dove pur nella semplificazione del racconto, nulla è andato a perdersi della grandezza e della fascinazione offerte dalla incomparabile matrice poetica. Ed è proprio partendo dai “Tales from Shakespeare” (Racconti da Shakespeare) dei Lamb che Fondazione Teatro Due ha realizzato in questo mese di dicembre un originale e coinvolgente ciclo di letture affidate alle voci e alle diverse peculiarità artistiche di venti apprezzati attori, ognuno protagonista assoluto e “demiurgo” di un racconto specifico. Un modo inconsueto e piacevole di attraversare le più amate tragedie e commedie shakespeariane che si protrarrà ancora per otto imperdibili appuntamenti, da domani fino al 22 dicembre. Vincente l’idea di deputare a luogo della rassegna proprio l’intimo e raccolto “Spazio Shakespeare”, dove la presenza di elementi lignei scenografici inevitalmente rimanda alle “features” strutturali del teatro elisabettiano, restituendo al pubblico un’atmosfera di immediata, efficace teatralità. Quale reductio ad unum di questa bella operazione, il racconto di una delle tragedie più rappresentative (e più rappresentate): “Amleto”. Alla voce forte e incantatrice della meravigliosa Elisabetta Pozzi, capace di oltrepassare sempre il riduttivo confinamento di una identificazione di genere ( intento visivamente richiamato nella scelta dell’abito di scena maschile) è spettato il compito di ridare moderna vitalità e scorrevolezza a una trama e a una figura straordinariamente articolate e complesse. Personaggio molto caro all’attrice, questo di Amleto, che lei interpretò anni fa come protagonista, in una impegnativa versione integrale di cinque ore al Teatro Farnese, per la regia di Walter Le Moli. Ed è proprio con il regista, compagno di viaggio di quel faticoso ma felice progetto, che la Pozzi avvia una bella interazione teatrale, funzionale a creare movimento e a generare un accattivante quanto stimolante gioco attoriale, costruito sul passaggio dei fogli da leggere, nello scambio complice di battute e ricordi, nel dialogo recitato delle parti assegnate (Le Moli è il fantasma del padre, Polonio, la regina Gertrude e il fedele Orazio). E’, però, lei, Elisabetta, ovvero lui, Amleto, a determinare ogni volta direzione e ritmo, a governare tempi e andamento complessivo, a tracciare, con indubbia padronanza ed esperienza del palco, un affascinante percorso all’ascolto e all’attenzione dello spettatore. Anche in un contesto più finemente letterario che non prettamente recitativo, la Pozzi sa apportare nuove sfumature al personaggio di Amleto, pur richiamandosi apertamente a frammenti testuali e forme interpretative del pregresso lavoro che tanto significò per lei, professionalmente e umanamente, sempre accompagnando nella musicalità della sua voce- qui solo in rari momenti affiancata da suggestive note sonore di fondo- un sentimento e un pensiero in ogni singolo stralcio narrativo, e traslando, alfine, la sintesi letteraria dei Lamb in una forma teatrale altamente espressiva, poichè perfettamente naturale. I lunghi e partecipati applausi finali, doverosamente tributati alla carismatica attrice, sfumano nel ricordo commosso e condiviso del suo Maestro Giorgio Albertazzi, un memorabile Amleto del passato, la cui voce profonda si propaga, al termine, nella sala. Fra le pieghe della battuta conclusiva, declamata dalla Pozzi con una emozione a stento trattenuta, non può non scorgersi un significato altro, più personale e intimo, la forza di un abbraccio e il calore di una sincera gratitudine: “Buonanotte, dolce principe, e sciami d’angeli ti cantino il riposo”.

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