L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

"MISTERO BUFFO": Matthias Martelli e l'eredità artistica di Dario Fo

“Nella risata ti si spalanca la bocca ma anche il cervello e, nel cervello, ti si infilano i chiodi della ragione”. Ci tiene a ricordare questo pensiero ispiratore di Molière, il giovane attore Matthias Martelli chiamato a ridare vita, corpo e voce a quell’opera stupefacente, ancora oggi rivoluzionaria e avanguardista, che è “Mistero Buffo”.Per lui, formatosi alla Perfoming Arts University di Torino, sotto la guida tra gli altri proprio del Maestro Dario Fo, la comicità è una cosa seria. Sembrerebbe un paradosso ma, forse, è proprio in questo apparente ossimoro che va ricercata la forza imperitura di un testo come “Mistero Buffo”. Non stupisce, quindi, se proprio a un artista come Martelli, da sempre orientato nel suo percorso professionale a recuperare gli elementi tipici della satira, dell’ironia pungente e dissacrante di antica matrice popolare e giullaresca, portandola con successo nei teatri tradizionali ma, soprattutto, nelle piazze, spetti ora l’arduo compito e l’onore di omaggiare il “sublime giullare” Fo. Lo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Torino e dal Teatro della Caduta, per la regia di un altro riconosciuto erede artistico di Fo, Eugenio Allegri, debutterà venerdì 13 ottobre alle 21.15 (replica il 14) al Teatro Fonderia Leopolda di Follonica proprio nel giorno del primo anniversario della morte di Fo.

Un passaggio di testimone significativo, ricevuto direttamente dal Maestro Fo pochi giorni prima della sua morte. Cosa comporta per un giovane attore un’eredità artistica così importante ? "E’, ovviamente, una grande responsabilità. E’ stato proprio Fo a concedere, dieci giorni prima di morire, il suo benestare per questa versione di “Mistero Buffo”, dopo aver visionato un video di prova: la mia interpretazione della giullarata di Bonifacio VIII che avevamo realizzato in presenza del pubblico. Fo lo avevamo coinvolto in questo nostro progetto ma non sapevamo che stesse già molto male. Oltre ad essere un uomo straordinario e un grandissimo attore, Fo è stato un autore di prim’ordine e il Premio Nobel lo ha, infine, decretato. La nostra scommessa è proprio questa: rendere giustizia a un testo troppo poco frequentato o poco compreso a livello letterario, soprattutto qui in Italia, e trasmettere la sua bellezza, il suo valore anche alle nuove generazioni, così come a quelle che verranno. “Mistero Buffo” è un’opera universale, non dobbiamo dimenticarlo. E’ comico, è vero, ma un comico che aiuta a pensare, a maturare consapevolezza".

Ho letto che la Sua sarà “un’interpretazione fedele all’originale ma il più possibile personale”. In che modo si risolverà questa apparente dicotomia di approccio ? "Manterremo il testo di Dario Fo nella sua purezza, senza cambiare nulla, ma inseriremo novità nelle modalità interpretative. Grazie all’esperienza che ho raccolto durante le tante repliche, oltre 200, di uno spettacolo da me scritto “Il mercante di monologhi” (vincitore di tre Premi Nazionali, ndr) e che ho presentato nelle piazze di tutta Italia, ho potuto capire molto di me e delle mie capacità attoriali, sono riuscito a comprendere meglio le prerogative comiche del mio stare in scena, sia vocalmente, sia nella mimica. Ecco, inseriremo questa rinnovata, fresca esperienza di comicità nel testo di Fo, volendo attenerci rispettosamente all’opera, ma coscienti del fatto che l’interpretazione, così come la mia stessa fisicità, sono diverse da quelle del Maestro."

Su quali fondamenti stilistici e tecnici si svilupperà la Sua performance e come si strutturerà il lavoro sul piano dei contenuti ? "Ci siamo ispirati alla lezione del grande pedagogo francese Jaques Lecoq, sui principi di teatro fisico e vocale da lui espressi e su cui, sia io che il regista Allegri, ci siamo formati. Lo studio della gestualità e del movimento, della dinamica del corpo unita alla vocalità, è stato, anche nel nostro lavoro , estremamente attento e preciso. Fondamentali in questo spettacolo anche tutti gli insegnamenti tratti dalla Commedia dell’Arte e dalle forme del teatro dialettale. Determinante, poi, l’apporto di Eugenio Allegri: senza di lui, senza la sua genialità nell’uso puntuale dello spazio scenico, questo spettacolo non si sarebbe potuto fare così, come lo avevamo inteso noi fin dal principio. Anche durante le prove aperte, organizzate lungo il percorso di studio e preparazione del lavoro, il pubblico si stupiva che sulle diverse indicazioni spaziali l’esito interpretativo cambiasse. Ci siamo anche molto impegnati sul ritmo: quel testo vive su tempi e controtempi ed è inimmaginabile non tenerli in debita considerazione. Per quanto riguarda i contenuti, le “giullarate” di Fo sono di per sè attualissime: pensiamo al tema della migrazione, raccontato attraverso l’episodio della nascita di Gesù, oppure alla denuncia della mercificazione della fede, descritta nella vicenda di Lazzaro. Ritroveremo tutto, così come raccontato da Fo, e come vediamo ancora, oggigiorno, attorno a noi."    

Un lavoro mosso anche dalla volontà di attualizzare un classico, di legarlo al contemporaneo, ricontestualizzarlo nel presente, non solo attraverso la Sua prova d’attore ma anche da un punto di vista scenico e progettuale. "Dobbiamo fare una premessa: questo lavoro è nato al contrario. Siamo stati noi, io ed Eugenio in primis, che ci siamo incontrati e abbiamo provato negli spazi del Teatro della Caduta. In seguito, abbiamo chiesto il permesso a Dario Fo per realizzare questo progetto e va detto che il Maestro ci mise anche in guardia sul rischio che correvamo, cimentandosi con quel testo così particolare. Poi, invece, andò bene ma abbiamo voluto condividere con altri il nostro entusiasmo e la nostra ricerca. Così abbiamo predisposto le prove aperte a Follonica, a Milano, a Pesaro, e in altre città; abbiamo provato a mettere in relazione da subito il nostro lavoro con il pubblico di oggi, coordinando dibattiti, incontri. E’ stato un “work in progress” collettivo, un esempio di teatro partecipato, se vogliamo, e non calato dall’alto, da un’autorità o un’istituzione. Questa è l’intenzione che ci anima: non dobbiamo far morire “Mistero Buffo” insieme al suo autore e non dobbiamo sottovalutare che anche i giovanissimi capiscono il linguaggio di quel testo e le sue infinite potenzialità."

Comicità giocata sulla parola e comicità giocata sul gesto. Quale delle due ritiene possa meglio interpretare il nostro tempo e “vivacizzare” il pensiero critico degli spettatori ? "Sinceramente non saprei decidere fra le due. Quello che posso dire, però, è che quella meno considerata oggi è la comicità gestuale, fisica, che, invece, è importantissima, fondante, con radici profonde nella tradizione del teatro popolare. Direi che entrambe le formule comiche hanno pari dignità e valore, ma è fondamentale ribadirlo, sottolinearlo sempre, e questo per il Teatro in generale."

Dicevamo, tanta la Sua esperienza nei teatri e tanta anche quella praticata nelle piazze. Lei si sente più attore o più giullare ? "Confesso di sentirmi più giullare, ma questo perché, quando si parla di “attore”, nell’immaginario comune ci si lega a una figura quasi “accademica”, un po’ impostata. Il giullare è diverso: si tuffa tra la gente, nelle piazze, fa teatro di parola ma interagisce con il pubblico, con l’esterno. Qualcosa che quando funziona è pura magia, scatena una vitalità che travolge lo spettatore e lo scuote davvero."

Il comico, la burla, la satira, quali validi strumenti per svelare e stimolare, attraverso la risata, lo sguardo critico e il ragionamento. Provocatoriamente Le chiedo: cosa resta allora del “mistero”? "Il “mistero”, richiamandoci a Fo, è proprio la parte da dissacrare e senza quello non ci sarebbe il “buffo”. Sono opposti ma complementari, individuabili entrambi proprio nell’atto dello stravolgimento. Mi sento quasi di dire che Dario Fo fosse, in un certo senso, profondamente religioso. Nella sua opera ci sono riflessioni che, in qualche modo, rendono più acuto e sentito quel senso di rispetto verso una fede autentica e genuina. Ciò che vuole smontare e combattere è, invece, il dogma, e semmai quella chiesa sempre più accolita del potere e delle sue leggi, e sempre più lontana dalla gente. “Mistero Buffo” restituisce alla religiosità una dimensione più umana. Attraverso la risata porta il divino tra gli uomini."

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