L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

ROCCO MANFREDI: "IL TEATRO ? UNA FINZIONE PIU' VERA DEL REALE"

La scelta di esplorare il senso profondo, essenziale ma più fantasioso, della magia teatrale, nonché indagarne il processo percettivo attraverso un linguaggio visionario, surreale, a tratti perturbante, costituisce l’originale peculiarità artistica della Compagnia DispensaBarzotti, realtà teatrale italiana tra le più giovani, sperimentatrici e all’avanguardia. Rocco Manfredi, diplomatosi in Drammaturgia alla Scuola d’Arte Paolo Grassi nel 2013 e tuttora già in possesso di un notevole curriculum formativo, ne è il fondatore e parte attiva assieme alla collega Alessandra Ventrella. Europa Teatri ha puntato proprio su questo artista giovane e innovativo per la conduzione del laboratorio semestrale di I° livello avviatosi da pochi giorni.

Come nasce la Compagnia DispensaBarzotti di cui fai parte dal 2014 e verso quali obiettivi artistici indirizzate il vostro lavoro di ricerca ? “Tutto è successo dopo l’Accademia a Milano. Io ed Alessandra ci siamo trovati spaesati, facevamo fatica ad inserirci nell'ambiente teatrale. Così, abbiamo avuto l’idea di organizzare uno spettacolo di strada, ed è stato per noi illuminante: abbiamo scoperto la magia vera, quella che scaturisce dal rapporto diretto con il pubblico, dalle microrelazioni che scaturiscono nello spazio teatrale all’aperto. Da quel momento è cresciuta in noi l’esigenza di fare spettacoli senza la parola, muti, creando, proprio attraverso il silenzio, un dialogo emotivo con lo spettatore. Il nostro è un teatro fisico, che mescola mimo, azione performativa, danza, e in parte anche le tecniche del teatro di figura. Quest’ultime, però, hanno risposto ad una necessità pratica: ci hanno aiutato a moltiplicare i personaggi in scena, a trasformare i corpi degli attori, a diventare noi stessi dei feticci e viceversa. Puntiamo su queste immagini e sulle magie di incastri sorprendenti calati in una dimensione quasi onirica, sospesa. Non possiamo definire il nostro come un teatro cerebrale, per intellettuali. Noi vogliamo riscoprire l’incanto, dare spazio all’immaginazione, alla meraviglia, stupendoci anche dell’anima che risiede nelle cose, negli oggetti che usiamo, nei pupazzi che assumono su di loro il valore di un metodo recitativo particolare, diventando essi stessi dei corpi. L’assenza di parole ci porta in un Altrove da esplorare insieme, dove è per noi indispensabile mischiare generi e linguaggi per esprimere al meglio la molteplicità di emozioni che può investire un pubblico diverso. Uno dei nostri impegni è proprio questo: riflettere sulla percezione di chi assiste al nostro lavoro, all’opera di stravolgimento che in scena attuiamo di alcune regole teatrali e così pure della funzione di certi oggetti che abitualmente incontriamo nella nostra vita ma che qui evocano altro.”

La sede della vostra Compagnia è attualmente a Parma e avete già molto collaborato con alcuni teatri e associazioni della zona, tra cui Teatro delle Briciole e Associazione UOT. Come nasce ora l’idea di questo nuovo laboratorio che terrai ad Europa Teatri e a chi si rivolge? “La proposta mi è arrivata proprio dallo staff del teatro e sono stato davvero felice di accoglierla. Il laboratorio si rivolge a tutti coloro che si avvicinano per la prima volta all’esperienza della recitazione e vogliono scoprirne personalmente lo straordinario valore comunicativo. Diciamo che è dedicato a chi ha voglia di mettersi in gioco, imparando a conoscere le basilari tecniche espressive del teatro, che tengono in considerazione non solo il corpo ma il suo rapporto con lo spazio, la musica, le luci e, ovviamente, con gli altri. E’ un laboratorio che, pur traducendosi in un esercizio fisico, si fonda principalmente sull’ascolto e sul lavoro di gruppo”

Mi ha molto colpito il titolo del laboratorio “Una finzione più vera del reale” e mi ha riportato alla mente quello che diceva il grande Eduardo “Il teatro è vivere sul serio quello che altri recitano male nella vita”. La verità risiede nella magia teatrale, dunque? "Noi ricerchiamo un linguaggio che codifichi, in qualche modo, il corpo, il gesto, in un modo così altamente espressivo da poter suscitare sensazioni che nella vita di tutti i giorni, il più delle volte, sono irragiungibili, o solo lontanamente percepite. E’ la verità di queste emozioni, la loro presenza, che vogliamo vivificare sulla scena”.

Dicevi dell’importanza degli oggetti nel vostro fare teatro ma con delle varianti significative. Come si sviluppa questa via contemporanea al teatro di figura ? “Gli oggetti ci interessano in quanto per noi rappresentano dei veri potenziali attori. Riescono a rendere quello che spesso un performer in carne ed ossa non può fare. Hanno una vita silenziosa dentro di loro che comunica con noi e che ci parla di altro, risveglia in noi delle immagini nitide e concrete. Noi lavoriamo su queste, facciamo leva su quegli archetipi che appartengono ed abitano il nostro immaginario comune. E poi dobbiamo ammetterlo: mai come nella società moderna le cose ci parlano e trasmettono impressioni. Il mondo è fatto di oggetti e immagini che possono rivelare molto, alimentare pensieri. Il nostro approccio alla materia, il modo in cui ci accostiamo ad essa è come quello degli archeologi quando trovano reperti che evocano storie lontane. In questa visione che anima la nostra ricerca, ci sentiamo molto affini ai lavori di Kantor”

Kantor come fonte d’ispirazione. Quale, invece, dei tanti maestri che hai incontrato (citiamo Josè Sanchis Sinisterra, Renato Gabrielli, Bruno Stori, Valerio Binasco e molti altri) ha più influenzato il tuo attuale percorso artistico? “Tutti in un modo o nell’altro mi hanno suggestionato, orientato. Anche quelli da cui ho voluto poi distinguermi ! Forse l’esperienza per me più pregnante è stata la partecipazione alla Scuola d’Alta Formazione “Maestrale” a Torino organizzata dalla Piccola Compagnia della Magnolia, dove ho potuto studiare con Donnelland e Ormerod, Korsunovas, Vacis e, soprattutto, Pan Thèatre che mi ha molto aiutato nel lavoro sull’ascolto e sul ruolo dell’attore. Per quanto concerne il rapporto con la tradizione, ho molto appreso anche dall’incontro con la Compagnia Riserva Canini. Così pure ho molto imparato anche dagli spettacoli di altri a cui ho assistito. Ma…la vera ispirazione è arrivata dall’incontro con Alessandra Ventrella, la mia attuale compagna di lavoro: il nostro continuo, mutuo scambio di idee è sempre stimolante”

C’è uno spettacolo del vostro repertorio a cui sei più legato e perché? “Sono legato a tutti, senza preferenze, ma quello che più spesso ricordo è il primo, quello di strada, che ci ha allontanato da Milano ma che, per contro, ci ha aperto un mondo ideale tutto da conquistare: in quello spettacolo, “La morte tifa Barbie”, abbiamo intravisto in potenza quello a cui oggi ci dedichiamo con maggiore maturità e consapevolezza”

E quali saranno i vostri futuri appuntamenti in scena? “Il prossimo sarà molto presto, in realtà: presenteremo sabato 4 novembre, alle 21.00, lo spettacolo “Victor” al Teatro Corte di Giarola di Collecchio per la rassegna “Fermenti- forme di vita teatrali”. Siamo molto felici per questa opportunità perché l’Associazione UOT che organizza l’evento ci ha sempre sostenuto. Abbiamo ora la possibilità in qualche modo di ringraziare. Lo faremo con questo spettacolo che s’ispira al romanzo “Frankenstein” di Mary Shelley dove svilupperemo, tra l’altro, molto la scenotecnica. Non sarà una trasposizione teatrale del libro ma i temi fondanti ci sono tutti, in particolare quelli dell’amore, della solitudine e dell’accanimento crudele che spesso ci invade quando non accettiamo la fine di qualcosa o qualcuno. Racconteremo l’emergere di queste forti emozioni e lo faremo ovviamente attraverso forme teatrali ed estetiche inattese, piene d’illusione e incanto, insomma….alla maniera DispensaBarzotti”.

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