La recensione

SUPERBA SANDRA SONCINI IN "FAUST MEMORIES"

dal “Faust” di Wolfgang Goethe

RISCRITTURA: Francesco Pititto

REGIA, INSTALLAZIONE, COSTUMI: Maria Federica Maestri

INTERPRETE: Sandra Soncini

MUSICA: Andrea Azzali, Adriano Engelbrecht

PRODUZIONE: Lenz Fondazione

Ri-creare drammaturgicamente, attraverso una rilettura perturbante, metafisica e visionaria calata nella contemporaneità del linguaggio estetico e performativo prescelto, quel pensiero sul mondo e sull’uomo che plasma il “Faust” di Goethe, opera romantica cardine della cultura occidentale.

E’ per compiere questa operazione artistica col senso rinnovato di un approfondimento filosofico, rispetto all’originale attraversamento creativo della figura faustiana che aveva scandito la produzione teatrale di Lenz dal 2000 al 2002, che è andato in scena l’ultimo allestimento di “FAUST Memories” al Teatro Lenz (dal 15 al 24 marzo). Un lavoro importante sia per la qualità della ricerca interpretativa, scenica, sonora, concettuale e, ovviamente, testuale, sia per il valore simbolico che esso rappresenta sul piano programmatico, avendo inaugurato il ricco e stratificato progetto culturale di Lenz Fondazione “Habitat Pubblico 2018” (sostenuto tra gli altri da MiBACT, Comune di Parma e Università degli Studi di Parma ).

L’intenso spettacolo-summa attorno all’opera di Goethe rappresenta così il primo fondamentale tassello di un mosaico di creazioni performative e visuali contemporanee che, da marzo a dicembre 2018, comprenderanno “residenze artistiche internazionali, coproduzioni musicali e teatrali, e pratiche formative rivolte a giovani artisti e a persone con sensibilità psichica e intellettiva”. Un’articolata progettualità da cui già si può partire per tracciare le linee guida generali del prossimo composito triennio di lavoro, senza dubbio vocato a sviluppare contenuti e temi dalla forte rilevanza sociale, a dirigere l’attenzione creativa verso la ricerca multidisciplinare e a valorizzare luoghi storici della città ( molti degli allestimenti toccheranno, infatti, spazi monumentali di Parma quale, ad esempio, la Pilotta).

Anello di congiunzione ideale fra esperienza passata, impegno presente e progettualità futura, è questo monologo appassionato, teso, inquieto e sofferto, acceso dall’archetipo faustiano e assunto nella vibrante corporeità e nella cristallina vocalità di una prodigiosa Sandra Soncini, attrice, danzatrice e performer tra le più rappresentative di tutta la produzione Lenz. Racchiusa come un bozzolo in un bellissimo ed evocativo costume, costruito con vaporoso crinoline e pagine di libri a formarne la struttura interna, entra a piccolissimi passi, con incedere impercettibile, compiendo movimenti minimi, pesanti, faticosi eppure tenaci, quella che è l’assoluta interprete e padrona dello spazio scenico e semantico.

Anch’essa “figura mossa”, con biacca in volto, che da una nuvola pare salire per poi dialogare con la luce che l’attraversa e la trasfigura, rivelandola quale creatura evanescente, orientata verso il “Geisterreich, il regno senza corpi”, capace di superare la gravità materica in un volo allegorico che è trasgressione ai limiti dell’umano, e di liberarsi, svestendosi dell’imponente abito iniziale, dalla “gabbia di parole” e suoni citata nel testo. Rinasce a sé stessa, a una nudità che, attraverso la parola piena, l’azione disciplinata e la danza contemporanea, determina apparizioni, visioni, immagini. Non più soltanto movimento del corpo ed espressività della voce, ma manifestazione di una forza misteriosa, “Magnifico Geist” che sa imprimersi negli occhi e nella mente di guarda. La fisicità si fa mondo, un corpo-palcoscenico, in cui ritrovare e cogliere mutamenti emotivi repentini, tensioni filosofiche, ventagli di passioni che sprigionano ricchezza di significati plurimi.

La scena scarna e rigorosa accoglie questa umanità combattuta e combattente tra pochi oggetti dal profondo valore metaforico: una grossa fascia assorbente, uno sgabello metallico, una giacca scura, un cappello da Arlecchino, una sfera di ghiaccio, la testa di gomma di Donald Duck, quanto serve alla Soncini per instaurare lo scambio necessario, e più che mai straniante, con la materia terrena, ed evocare essa stessa le ombre della Marionetta, dell’Angelo, dello Spirito del Tempo, spingendosi fino a quel fremente momento danzato che traduce appieno lo streben, la lotta per il sapere, la furia di prendere e portare a sè secondo la brama faustiana del “voglio potere e possesso”.

L’energia della Soncini è inesauribile nel suo geometrico percorso a tappe ( ognuna scandita dall’incontro con i singoli oggetti), bravissima nel far pulsare magia e follia in un organico movimento di vita che non è più solo coreografia, ma vera e propria lingua altra. Articolata e distinta, anche quando è inafferabile. Precisa ma soggetta a molteplici interpretazioni; moto del corpo pieno di risonanze, da cui si dilata la parola e in cui vanno concentrandosi temi astratti, universali, che guidano “nel sogno e nell’incanto” per rispondere alla domanda più cruciale: “Che cosa è l’uomo?”.

Non tutto si può conoscere e comprendere e anche lo spettacolo si affida a una sospensione esegetica. Ma assistere a uno spettacolo del Lenz permette sempre di scorgere nuove possibilità di senso, di tentare nuovi approcci tematici ed estetici, e al tempo stesso di respirare quelli antichi, riconducibili, come qui, a un topos classico. In “FAUST Memories” l’apertura a relazioni e connessioni inesplorate e sorprendenti è stata mirabilmente e sapientemente accompagnata dalla vigorosa interpretazione di una Soncini in puro stato di grazia.

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