L'intervista

Le interviste a protagonisti della scena parmigiana (e non solo) a cura di Francesca Ferrari, giornalista e critico teatrale.

BEATRICE SCHIROS: "STUPIDA SHOW E IL CORAGGIO DI DIRE LE COSE IN FACCIA"

Sarà lei, Beatrice Schiros, irriverente e temeraria protagonista dei più grandi successi di Carrozzeria Orfeo - indimenticabile in Thanks for Vaselina, per cui vince il premio Mariangela Melato, ma anche in Animali da Bar, Miracoli Metropolitani e in Cous Cous Klan che le vale nel 2019 il premio Maschere del Teatro - ad aprire la “due giorni” di teatro nella splendida Corte Le Giare di Ragazzola. In questo speciale spazio scenico all’aperto, immerso nella campagna della Bassa Parmense, presenterà venerdì 24 giugno, alle 21.30, il suo nuovissimo monologo Stupida Show! (Capitolo 1 – Cattivi pensieri), scritto su misura per lei da Gabriele Di Luca che insieme a Massimiliano Setti, altro componente storico di Carrozzeria, ne firma anche la regia, e che debutterà in questi giorni al Campania Teatro Festival. Uno spettacolo scomodo, dalla comicità imprevedibile, feroce, senza freni, politicamente scorretto come è nello stile di Carrozzeria Orfeo, e che proprio per il linguaggio usato e i temi affrontati è sconsigliato ai minori. “Sarà un monologo dall’ironia travolgente e dissacrante” rivela Beatrice “dove sarà forte l’elemento autobiografico. Racconterò molto di me, ma lo farò a modo mio, senza censure, attraverso una narrazione onesta che di certo non strizza l’occhio al facile moralismo. Preparatevi ad ascoltare un monologo di stand up comedy, senza filtri o finti perbenismi”.

Ma perché questo titolo? Cosa c’è di stupido e cosa, invece, di cattivo nel tuo monologo, e poi… il primo capitolo di una trilogia, forse? “Non è detto; forse sì, forse no. Primo capitolo perché con Gabriele abbiamo costruito una prima scrittura, prodotto del materiale incandescente che ha infine portato alla realizzazione di questo lavoro. E poi volevamo suscitare curiosità, creare un po’ di suspense…e a quanto pare ha funzionato. Ma tornando alla prima parte della domanda, beh…di stupido in questo lavoro c’è tutto. O meglio, ci sono al suo interno temi stupidi e altri meno perché si riflette anche molto, ci si mette in discussione ad ascoltare certi aneddoti. Abbiamo, però, pensato che l’aggettivo stupida rimandasse già di per sé a qualcosa di divertente e anche alla mia persona, a come sono io nella vita perché… io sono stupida. Non ignorante, ma una stupidella diciamo così, sempre pronta alla battuta, a far ridere gli altri. I cattivi pensieri, invece…eh…i cattivi pensieri sono tutti quelli che affronterò usando un linguaggio politicamente scorretto per raccontare della mia vita, delle mie esperienze, delle mie aspettative e non solo. Quando Gabriele ha cominciato a scrivere la drammaturgia mi ha domandato “Bea, cosa vuoi comunicare? Cosa vuoi che venga fuori?”. E io ho risposto “voglio che la gente mi guardi, mi ascolti e dica <<porca vacca! È successo così anche a me! Questo episodio l’ho vissuto anch’io!>>”. Il risultato è uno spettacolo che parla davvero a tutti, alle donne ma anche agli uomini”

Pensando al tuo percorso con la squadra di Carrozzeria Orfeo, tornano alla mente i tuoi straordinari personaggi, figure di donne forti, tenaci, agguerrite, e sì, tremendamente incazzate, ma anche travolgenti nella loro spietata ironia, donne che non si piegano alla vita e con cui è impossibile non empatizzare. Cosa ti piace di questa femminilità controcorrente? Pensi che oggi ci sia più bisogno di eroi o di antieroi come quelle donne che tu interpreti? “Credo ci sia più bisogno di antieroi, di persone capaci ma umili, oneste nel loro modo di essere e non artefatte. È anche l’idea che ho riguardo la femminilità. Io l’ho sempre vissuta come una lotta. È un lato di me che per molto tempo ho tenuto nascosto, un po’ nell’angolo. È stato il teatro a rivelare questo aspetto di me, soprattutto in Miracoli Metropolitani la mia femminilità è stata esaltata, pur in tutte le sue contraddizioni. Io, comunque, mi sono sempre sentita un’antieroina, in scena e fuori. Forse è per questo che mi riesce facile entrare in empatia con le persone: il pubblico si affeziona a me perché sente che sono sincera, genuina, che non ammicco per attirare la simpatia o l’applauso. Mi mostro per come sono e in questo nuovo monologo ancora di più”

Per la prima volta ti misurerai con una forma teatrale espressiva particolare e non facile, la stand up comedy. Un linguaggio che senti, dunque, particolarmente nelle tue corde…. “Sì, assolutamente. È, comunque, una bella prova, non semplice, soprattutto perché noi non siamo abituati in Italia a questo genere di comicità teatrale. Però, con Gabriele abbiamo deciso di rischiare, di giocare sul mio carattere dissacrante, spavaldo, audace per cui non scandalizzatevi se, parlando della mia attività sessuale, dirò frasi come “sono 10 anni che lei non vede la luce del giorno”, perché poi poco dopo potreste stupirvi nel provare commozione mentre affronto un tema delicato come quello della morte dei genitori. Non si ride, soltanto. È la vita, del resto” 

Di questo lavoro è stato scritto: “uno spettacolo per cuori coraggiosi”. Quello italiano è un pubblico coraggioso, a parer tuo? “Ah beh! Me lo auguro perché ascolterà delle battute estreme, fuori dai denti, senza ipocrisia. Sono i miei pensieri, certo, ma credo che in molti si rispecchieranno in quello che racconterò. Sia chiaro che un po’ di paura c’è… un giorno, alle prove, ho chiesto a Gabriele “senti, ma non è che il pubblico si alza e se ne va, vero? Ridendo, d’accordo, magari a crepapelle, però, se va via io che faccio?” A parte i dubbi, tra il serio e lo scherzoso, bisogna che il pubblico sia pronto a ricevere un bel pugno nello stomaco. Solo così, con la forza di una risata intelligente, si affronta la verità delle cose”

Si parla molto in questi tempi di censura, di parziale o cattiva informazione. Uno show come il tuo può rappresentare una preziosa occasione per indagare temi spinosi, istanze urgenti, problematiche non facili da approfondire, attraverso il filtro dell’ironia. E allora ti chiedo: comicità è responsabilità? “Senza ombra di dubbio! Da subito ho detto a Gabriele che io non volevo fare la comicità da Zelig, quella della gag fine a sé stessa; è un linguaggio che non mi appartiene. Io voglio parlare di cose in cui tutti si possono riconoscere, e anche se sono spudorata nelle parole, ho sempre fatto molta attenzione all’idea, al pensiero che esprimevo, al contenuto. La forma, bah, quella è secondaria, quella sì che può far ridere. Ma il contenuto no, il senso di ciò che dico voglio che arrivi. E se poi, nel dirlo, strappo una risata, meglio, no? La responsabilità del comico, come la intendo io, è quella di lasciare un segno in chi ascolta, di comunicare un messaggio, che può trovare d’accordo lo spettatore oppure no”

Ma la protagonista di “Stupida Show!” come inviterebbe il pubblico all’appuntamento di venerdì 24 giugno a Ragazzola? “Senza essere troppo irriverente. Anzi! Direbbe: “venite a divertirvi, ma portate con voi anche dei fazzoletti per asciugarvi qualche lacrima, perché in scena vi parlerò di me, delle mie disavventure, dei miei buffi inciampi, ma anche dei miei grandi dolori. Venite, perché sono sicura che saprete ritrovarvi nell’incazzatura che esprimo di fronte alle frustrazioni della vita, ma anche nei momenti di solitudine, nei fallimenti, che anch’io, come tutti, ho attraversato. Perché lo sapete, no, che in fondo siamo tutti un po’ stupidi?”

Per prenotazioni: www.teatrodiragazzola.it

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