di Katia Ippaso
regia di Arturo Armone Caruso
con Luisa Marzotto, Giuliano Maria Tenisci
e Francesco Della Volpe, Giovanni Panizzi,
Sofia Grazioli/Rossella Sandei
un ringraziamento speciale a Marta Miccoli, Marta Militello e Tommaso Vaja
produzione Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti
La fantasia dell’androide, del doppio, dell’altro che compie azioni e gesti straordinari al posto nostro, è fortemente radicata nel nostro immaginario. Leggende, favole e miti hanno raccolto, a qualsiasi latitudine, il bisogno profondo dell’uomo di creare un alter ego sul quale proiettare l’impossibile. E questo è ancora più vero se a fantasticare è una mente giovane che deve ancora fare esperienza del mondo. Si discute dell’”alienazione” dei nostri figli e fratelli minori, del loro compulsivo bisogno di esprimere desideri e paure attraverso avatar, dispositivi tecnologici e bambole replicanti, immagini di immagini. Ma cosa c’è dietro tutto questo? Invece di giudicare, punire, nascondere e debellare, dovremmo tentare di fornire ai nostri ragazzi degli strumenti di comprensione rispetto a ciò che fanno magari inconsciamente, o per pura emulazione, o più semplicemente per non sentirsi soli, rifiutati dagli altri compagni. Un’altra questione, non meno centrale: siamo così sicuri di essere immuni da queste “tentazioni”? Non abbiamo forse anche noi adulti i nostri amuleti, i nostri avatar, le nostre “fotografie ritoccate”, i nostri interventi rappresentativi volti a migliorare o modificare la nostra immagine che non ci piace? Questo preambolo per spiegare il contesto e l’obiettivo del lavoro. CREATURE ARTIFICIALI è un progetto triennale in quattro movimenti dedicato principalmente a ragazzi tra 12 e 18 anni. Per parlare direttamente e in maniera più autentica a questa sensibile fascia d’età, si vuole formare una compagnia di giovani attori in formazione che parteciperà a tutte le fasi della creazione.
Il primo movimento si intitola Il ragazzo d’argilla: un testo originale di Katia Ippaso, regia di Arturo Armone Caruso, che trae spunto dalla leggenda del Golem. Secondo la tradizione, il Golem è un gigantesco pupazzo d’argilla dalle forme appena abbozzate creato dal Maharal di Praga, uno dei più influenti rabbini del suo tempo, per salvare gli ebrei di Praga, accusati ingiustamente di aver commesso un omicidio rituale. Il complotto viene sventato ma il rabbino perde il controllo della sua creatura, che finirà col rivoltarsi contro il suo creatore. Il primo romanzo interamente dedicato alla figura leggendaria è del viennese Gustav Meyrink (Der Golem, 1915), ma sono infinite le varianti di questo mito, estese tra cinema (il film di Paul Wegener del 1920), letteratura (ne hanno scritto sia Isaac Singer che Elie Wiesel), fumetti, videogiochi. Se Golem Aleph è il nome dato in Israele al primo computer, l’archetipo dell’uomo d’argilla si modifica nel tempo assumendo le tante metamorfosi del supereroe, del cyborg, della creatura artificiale. Come prende vita un golem? Attraverso la parola “Emet” (Verità), che per il pensiero ebraico è la parola di Dio. E come si spegne il Golem? Togliendo la vocale “e” alla parola che dà la vita: basta iscrivere sul suo corpo “Met” (morto) per togliergli tutte le funzioni vitali.
È proprio questa faccenda della parola che dà la vita (o la morte) a sollecitare la scrittura di un’opera originale, Il ragazzo d’argilla, che si svolge nel tempo presente. Il nostro protagonista è Giacomo, una creatura fragile, con difficoltà di linguaggio, bullizzato dai suoi compagni di scuola e incompreso dalla famiglia. Accusato per un misfatto che non ha compiuto, Giacomo darà vita, con strumenti straordinariamente inventivi, al suo personale Golem. Sarà un libro a scatenare la sua immaginazione: lettura e scrittura diventano così pratiche di salvazione.
Per info e prenotazioni: 0521 992044