In questo nuovo lavoro, il coreografo ungherese ha messo insieme un gruppo di otto ballerini provenienti da Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Congo Brazzaville e Repubblica Democratica del Congo. Il pezzo è intriso di altrettante influenze, movimenti, culture e storie. Insieme, formano un unico corpo – nero, o fekete, come dicono… in ungherese. Un corpo plurale in cui ognuno afferma il proprio linguaggio, la propria identità, la propria danza; un accattivante loop di interazioni tra gruppo e individuo che ci conduce, inevitabilmente, all’essere umano nella sua universalità" (c.s.)
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