Che cosa siamo noi attori?
L'attore è un essere misterioso. Come tutti, ed è giusto che sia così, ma nello stesso tempo non deve essere come tutti, non può. Avviene per lui come per il teatro che è sì come la vita e nello stesso tempo non lo è, non può esserlo. Lui, il Teatro, rispetto alla vita, è più concentrato, e così emergono le problematiche con più chiarezza.
L'attore è messaggero della parola altrui, ha uno strano destino, l'attore: quello di parlare con le parole degli altri. E così facendo, queste parole non muoiono. L'attore deve avere un'apertura verso la vita.
Si dice che nei bambini ci sia una spontaneità che a poco a poco viene imprigionata crescendo. Come se ci mettessimo, crescendo, una specie di armatura addosso. Anche l'artista crescendo ha la sua armatura, come tutti. Ma l'artista la riempie di fori, in modo che la sua spontaneità, il suo candore, il suo stupore, che era del bambino, respiri ancora.
Un artista deve restare bambino.
L'efficacia di un attore, la sua credibilità sta nel risvegliare nell'anima dello spettatore la certezza che quello che sente sul palcoscenico, gli appartiene.
La Parola si fa teatro. “In principio era il Verbo”, si dice da qualche parte. Nel rito del teatro la parola si fa sacra.Perché sacra è l'origine del teatro.La parola è lo strumento del nostro pensiero. E noi siamo strumenti della Poesia.
Io amo il teatro fatto di disciplina e amore. Teatro come lavoro umano fatto con l'umile orgoglio di farlo bene.
Cosa chiedere ad un attore? Di essere credibile. E la capacità di restituirla questa credibilità. L'attore deve essere convincente, non convinto. Deve avere coscienza di ciò che fa, che non deve venire meno, mai; anche nei momenti di pausa, in scena e dietro le quinte. Sempre. E tutto questo non avrebbe senso, non servirebbe a niente se l'attore non avesse la capacità di “arrivare” allo spettatore. Questa capacità si chiama “emozione”.Emozione di cuore, viscere e cervello. Che viene da ciò che si fa, e come lo si fa. Occorre avere severità interiore, generosità, calore umano, volontà di essere con gli altri e di parlare agli altri.
E' dell'artista esplorare i segreti della vita creativa. Sta all'artista essere mezzo perché comunichi il mistero della natura agli uomini. L'attore creativo, ha lavorato esplorando i diversi aspetti del suo personaggio per tutto il periodo delle prove, ma continua ad avere la sensazione di coglierne soltanto una parte, di non riuscire a toccarne tutta la verità, quindi l'onestà della sua ricerca lo costringe perennemente a spogliarsi di quanto ha trovato e a ricominciare daccapo.
Non bisogna “costruire” il personaggio, ma lasciare che nasca. Lo sforzo per ricreare ogni giorno il ruolo diventa insostenibile soprattutto quando ci sono tante repliche. Ma c'è una possibilità: la tecnica. Senza tecnica non si va da nessuna parte. La creatività deve essere attraversata dalla tecnica. Si possono imparare tante cose in una scuola di teatro, disciplina, conoscenza dei propri mezzi, coscienza di ciò che si è. Solo una cosa non la si può insegnare: il talento. O ce l'hai o non ce l'hai.
Ancora mi emoziono quando un sipario si apre, ancora provo un sussulto quando si oltrepassa quella linea invisibile, ma che c'è, che separa il palcoscenico dal dietro le quinte. In quel passaggio senti che stai per diventare altro da te, pur con la lucidità dell'attore cosciente. Ma quella linea è inesorabile, entri in un rito che termina alla chiusura del sipario. E come dice Goethe, si prova una “dolorosa felicità”.
Dobbiamo al filosofo Jean Paul Sartre una preziosa osservazione sulla condizione dell'attore: in tutte le arti l'artista lavora con elementi materiali, il pittore con i pennelli e i colori, lo scultore col marmo o la creta, lo scrittore con le parole, il musicista con gli strumenti che producono suoni. L'attore usa invece come strumento se stesso e solo se stesso.
L'attore si confronta per scelta e per professione con l'immaginario. E lo vive quotidianamente. E non può certo fare a meno di confrontarsi continuamente con l'immaginario.
Tutte le persone che ho incontrato nel mio adorato mestiere mi hanno insegnato qualcosa. Si è sempre debitori di qualcosa a qualcuno. E si deve essere grati ad un altro essere umano, come te, che ti ha dato.Mi piace immaginare un filo ininterrotto fatto di esperienze che si intrecciano da una generazione all'altra attraverso noi umani, e questo mi conforta, mi emoziona.
Servono i maestri, occorrono i maestri.
Il Teatro, come ha sempre detto Giorgio Strehler, è quel luogo dove una comunità liberamente riunita, si rivela a se stessa.
Antonio Zanoletti